Secondo Welfare – C’è piattaforma e piattaforma: il caso di MarketPass
4 Giugno 2024Il commercio locale tra rischio desertificazione e rilancio digitale
3 Luglio 2024L’economia di prossimità prospera con le reti digitali
28 Giugno 2024La vendita di beni e servizi sui territori, ibrido tra online e offline, crea identità e rafforza relazioni secondo un’indagine curata da From a Bari
Tra mare e montagna, tra acqua e neve, tra tavole da windsurf e snowboard. A Bari due fratelli con la passione per gli sport alternativi trasformata in lavoro hanno deciso di unire mondi diversi e di ripensare la relazione con la propria clientela che diventa community. «Abbiamo aperto il negozio quasi vent’anni fa. Il nostro è un commercio di nicchia che però col tempo si estende. Sin dall’inizio abbiamo pensato di accompagnare le persone – e soprattutto i bambini – a praticare i nostri sport, quelli che in gioventù hanno segnato la nostra vita», afferma Fabrizio Iacobazzi, quarantenne barese titolare di Impact Shop col fratello Jean. Siamo a San Girolamo, quartiere che guarda al mare a nord-ovest della città, poco distante dal faro. Negli anni lo spazio è diventato un riferimento per gli sport acquatici e da scivolamento. Qui non si acquista soltanto, ma si vivono esperienze. C’è la rampa da skate interna per training indoor, ci sono i servizi di noleggio e scuola, c’è la riparazione delle vele. Lo spazio si estende per quasi 400 metri quadrati tra magazzino e zona espositiva, ma quello online arriva ovunque nel mondo interconnettendo storie, relazioni, passioni.
Negozi di prossimità come patrimonio pubblico
«Un terzo del nostro fatturato arriva dalla vendita online. Vendiamo in tutta Europa e poi in Giappone, negli Stati Uniti e in Cina. La semplice passione che ti accomuna davanti a una tavola di windsurf crea relazione. Il paradosso? Vendiamo snowboard a centinaia di chilometri dalla prima montagna», dice Iacobazzi. In realtà una spiegazione c’è e si coglie nella costanza di un contatto che si rafforza nel tempo: i due fratelli per anni tutti i fine settimana hanno organizzato pullman per andare in montagna a praticare gli sport. Così un negozio oggi vive grazie a una serie di servizi che dalla fisicità si spostano alla virtualità. Andata e ritorno nel segno della relazione. Un’idea che anche in America, terra dei non-luoghi, ha permesso alle filiali bancarie di mutare pelle diventando business center: erogano più servizi mettendo al centro il cliente. Benvenuti nell’economia di prossimità, ibrido che crea identità e rafforza relazioni. È quanto emerge dalla ricerca che a Bari ha coinvolto negozi e botteghe. «Alla base c’è la visione che i negozi di prossimità e l’impatto economico che generano sono un patrimonio pubblico che migliora la qualità della vita urbana. Non solo rafforzano l’identità e preservano la storia locale, ma rendono anche più accessibili i servizi, arricchiscono lo spazio condiviso e rafforzano il tessuto sociale. Dall’altra parte aumentano l’attrattività verso talenti, investimenti, turisti e nuovi abitanti», afferma Stefano Daelli, co-autore di “Molto più di un negozio”, ricerca curata da From, agenzia che si occupa di rigenerazione territoriale, strategie e politiche urbane.
La dimensione sociale
L’indagine è stata promossa dal Distretto Urbano del Commercio nel quadro del programma di Bari 2022-24 del Comune di Bari. Intanto in Europa il commercio impiega quasi 30 milioni di persone per 5,5 milioni di aziende che servono ogni giorno 450 milioni di consumatori. «Ci sono tre leve per andare oltre la vendita e diventare protagonisti nel proprio contesto territoriale e sociale: migliorare lo spazio e l’estetica del negozio e delle aree circostanti, innovare l’offerta e fornire consulenze specializzate, animare una comunità basata sul quartiere o su interessi comuni formando alleanze con altre attività o associazioni. I social possono trasformare una piccola bottega in una media company con un pubblico enorme. Non è solo interscambio di beni e servizi, ma fusione di interessi che alimenta il tessuto di città in cui tutti vivono meglio», precisa Daelli.
Un terreno ibrido tra virtualità e fisicità
Si parla di economia, ma in ballo ci sono dimensioni sociali. «In fondo l’economia della prossimità fa riferimento a un tessuto socio-economico che si basa su relazioni di vicinato che ruotano sulla dimensione territoriale», afferma Cecilia Manzo, docente di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Cattolica del Sacro Cuore. La partita si gioca su un terreno ibrido tra fisicità e virtualità. La rete incrementa la portata valoriale degli spazi e il negozio online diventa grande quanto il mondo intero. «I social rafforzano un legame creato offline nel proprio quartiere. I negozi di vicinato o prossimità si distinguono per essere capaci di offrire, oltre alla transizione economica, una dimensione sociale che si svolge al di fuori della sfera domestica e amicale. L’elemento valoriale è duplice perché il consumatore è anche cittadino. Quindi nel far parte della community esprime anche l’appartenenza al luogo. Le piattaforme intermediano rapporti sociali e attivano processi di astrazione connettendo globale e locale. Nell’economia della prossimità il digitale rafforza la relazione locale, ma può diventare un’occasione per creare nuove relazioni con un vicinato globale», precisa Manzo. Così paradossalmente siamo sempre più connessi, eppure siamo anche più ancorati come calamite agli spazi fisici che ci connettono.